Da metà febbraio a fine marzo 2015 Armando Bodeo e Jasmin Biller si sono recati in Marocco con l’obiettivo d’arrampicare sulle splendide pareti calcaree e aprire una nuova via. Ecco di seguito il resoconto del loro viaggio!
Al rientro dopo ogni viaggio molte persone si lamentano della sindrome dell’ “alieno”, ovvero una difficoltà nel riambientarsi nel contesto locale della vita di tutti i giorni. Tornati dal Marocco, pure noi sentiamo qualche disagio di tale sindrome. Descrivere la nostra esperienza in Marocco in poche righe non è facile impresa: gli aneddoti toccanti del viaggio sono troppi!
Va chiarito in primo luogo per quale motivo abbiamo scelto di recarci in questa nazione. Il Marocco affascina molteplici tipologie di turisti: dalle persone in cerca di una vacanza relax, agli appassionati di sport di tutti i generi (pensiamo al trekking, al surf, alla mountain bike, all’arrampicata allo sci, sì: sulle montagne dell’Alto Atlante si scia nella stagione invernale). Abbiamo attraversato Francia e Spagna d’un sol fiato per raggiungere il prima possibile il nostro primo obiettivo: l’imponente parete di Caiat situata nelle montagne del Rif nel Nord del Paese. Alloggiando nel rinomato e prestigioso furgone VW “Archibald” di Jasmin, abbiamo potuto restare in loco per due settimane, durante le quali abbiamo alternato giornate in falesia e giornate in parete dove abbiamo aperto una nuova via e anche giornate di forzata pausa nel furgone a causa del maltempo.
La regione offre circa 18 settori d’arrampicata sportiva sparsi in tutta la valle, ma il gioiello che attira i climbers da tutto il mondo (pure Alex Honnold vi è stato, scalando in free solo la classica via “Africa”) è la compatta parete di Caiat. Il potenziale per l’apertura di nuove vie non manca, così abbiamo deciso di lanciarci anche noi!
La linea individuata da Jasmin è molto logica: segue un sistema di faglie diagonali che tagliano la prima metà della parete di Caiat, mentre la parte superiore delle “canne” strapiombanti sono l’unica via logica verso la cima.
Il primo giorno d’apertura, nonostante la roccia sia ancora molto umida issiamo i pesanti sacconi da big wall contenenti tutto il materiale necessario per aprire una nuova via: dagli spit messi a disposizione dal Gruppo Scoiattoli Denti della Vecchia agli articoli da montagna forniti gentilmente dal negozio Stile Alpino e iniziamo le danze. La ruggine accumulatasi in tutto il corpo a causa delle giornate di meteo improponibile si fa sentire. Salgo qualche metro e trapano con forza la roccia compatta fissando un primo spit. Dopo una decina di metri relativamente facili, ecco che la fessura diventa strapiombante. Vi è una forte infiltrazione d’acqua che potentemente annaffia esattamente dove voglio passare, costringendomi a procedere lentamente. Circa 4 metri sopra lo spit, nonostante io riesca a piazzare un precario friend “per il morale”, sento il bisogno di posare una seconda protezione in acciaio. Intercalando protezioni veloci e spit riusciamo ad aprire un tiro e mezzo prima del rapido arrivo delle tenebre. Nei seguenti tre giorni d’apertura nasce “Spéléologie“: 5 tiri con difficoltà massima di 7a per 150 metri in totale. Il nome è stato scelto visto le faglie, le stalattiti e le grotte carsiche nelle quali passa la via… gli incastri col corpo sono graditi!
Finita l’avventura sulle montagne del Rif, ci rechiamo a Marrakech dove un gruppo di amici ci attende per trascorrere un paio di giorni in loro compagnia. Dalle terrazze dei ristoranti si vedono a sud le montagne innevate dell’Atlante, dove culmina lo Jebel Toubkal a 4167 metri. Due giorni dopo esserci lasciati alle spalle la dinamica città siamo a mezzogiorno sul tetto del Nord Africa, pronti per una discesa mozzafiato sul versante nord di 2000 metri con condizioni del manto nevoso invitanti e favorevoli come non si vedevano da 10 anni!
Alcuni giorni di “pausa” ci permettono di visitare gli svariati paesaggi che queste terre offrono, compreso le porte del deserto del Sahara!
La seconda sessione dedicata alla roccia ci vede protagonisti a Taghia, luogo conosciuto da tutti i climbers come uno dei paradisi per l’arrampicata di vie lunghe su calcare.
La mia parziale esperienza di vie in Wenden mi ricorda un calcare grigio, compatto e scolpito. Il calcare di Taghia è rossastro, tagliente e con un grip da paura! Personalmente, trovo che arrampicare a Taghia sia un “must” per ogni rocciatore che ami le vie di più tiri con un buon ingaggio! Gli accessi alle pareti sono spesso complicati, così come le discese fra cenge instabili e ponti berberi traballanti. Il gîte della famiglia di Said è un ottimo campo base per le ascensioni giornaliere nelle pareti adiacenti al villaggio.
Una breve passeggiata nel villaggio il primo giorno ci conferma che Jasmin ed io siamo i soli climbers in loco. Effettivamente a marzo può essere troppo freddo per l’arrampicata, ma noi siamo fiduciosi… e saremo così ricompensati da dieci giornate stupende che permettono d’arrampicare in buone condizioni sotto i raggi del sole!
Le ultime giornate del viaggio le trascorriamo visitando nel Nord del paese alcune città e campagne desolate… è ora di ritornare alla quotidianità ma, terminata un’avventura, il pensiero è già rivolto agli innumerevoli progetti futuri!
Ringraziamo Stile Alpino per gli ottimi prodotti di Scarpa e Mountain Hardwear messi a disposizione, il Gruppo Scoiattoli Denti delle Vecchia per gli spit utilizzati durante l’apertura di “Spéléologie”, il grande velista ticinese d’élite Adriano Petrino per i suoi preziosi consigli e tutti coloro che hanno partecipato, fornendoci anche piccoli dettagli, alla buona riuscita del progetto.
Qui il topo (PDF) della via: TopoSpeleologie
Salem Aleikum
Jasmin & Armando
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.